10.10.07

Lo sapevo che sarebbe successo prima o poi

Squillo e io rispondo prima che il telefono cada per terra e invece è caduto, tanto succede sempre così. O la sveglia. Ma che ore sono? Le 4. Ah. E’ per questo che non mi ricordo quando mi sono alzato, però avevo capito bene quello che era successo e ho raccolto subito i vestiti da terra e sono uscito. L’ospedale dei matti, nonostante nessuno lo chiami più così, non è molto lontano da casa mia anche se non si vede il mare. E' un palazzo chiaro e c’è un cortile grandissimo. Ogni tanto ci vado perché mi piace sedermi sotto i gelsi verdi e conosco la strada, entro, chiedo e uno degli infermieri davanti alla piccola televisione per vedere la partita mi risponde: “Macchì?! La solita azione?” E io, perché la solita azione? Mi dicono che c’è uno che non fa altro che ripetere la solita azione, è arrivato da poco e che non smette mai di dire che lui vince, e se vince perde, e se perde gioca e vince se gioca quindi perde. Io non capisco. L’infermiera anche sembra preoccupatissima, mai vista una cosa così mi dice, mai vista. E così mi decido e guardo attraverso il vetro e lui immerso nella camicia bianca coi lacci, con la fronte appoggiata alle protezioni verdi di gomma dei muri che rideva. L'infermiere aveva ragione. Poi finalmente riesco ad incontrare il dottore, che è una dottoressa. Noi crediamo che sia mnemorbia e si sistema la montatura nera. Succede alle persone che fanno una cosa e poi pensano che ne sia successa un’altra. Dice che potrebbe essere schizofrenico, forse, e intanto si sistema i capelli neri e lunghi. E’ sicuramente difficile da stabilire per adesso e se ne va. Mi scusi. Anzi si gira dopo poco e mi dice. “Pensi, abbiamo fatto il test di Rorschach. E’ il test quello delle macchie. E’ un test proiettivo ed è composto da dieci tavole ognuna con delle macchie simmetriche ambigue e destrutturate. Il paziente guardandole dice quello che vede e in realtà proietta quello che ha dentro. Ebbene lui ci ha visto i gol di Cassano, dieci in tutto come le schede. Arrivederci, ci parli lei”. Ci parli lei che è suo amico e lo conosce, mi disse l’infermiera. La prego. E io non posso dirle di no. Non me la sento. Quando sono uscito dalla stanza però ho parlato poco con il dottore e poco con l’infermiera e sono uscito dall’ospedale con gli occhi fissi a terra. Perché in fondo se lui si trovava lì, un po’ era colpa mia.

1 commento:

Anonimo ha detto...

mn......ermobia, già!!!! il test dell'austriaco.......ah però!dieci strisce.....zzzzzz....mattunella potrebbe sentire....cazzo è nella porta a fianco....a lui la gomma verde non l'hanno messa sui muri bensì intorno al capo, avvitata...infermiera scusi....ma quello di prima chi era? "ah buh".
Dottore scusi(che figa!!!).... ma quello di stamattina chi cazz è? "lasci stare".
Aspetti un attimo la prego..."dica,sia rapido però", ma quello con la testa da Amanita falloide perchè piangeva se io ridevo? "matti, qui siamo tutti matti,io sono stata appena assunta ma ho carpito dall'infermiera che è una vecchia conoscenza dell'u.s.l. 18" ah si!! non avevo dubbi.Infermieraaaaa infermieraaaaaaa "siii" ma quello di prima no, lo conosce bene? "eh... è qui almeno tre giorni alla settimana da una certa ora in poi" ah si? e perchè? "strano ma la patologia è identica alla sua" cazzo adesso capisco, lui è quell'amico mio a cui rovino la giornata la maggior parte delle volte che ci vediamo....ecco dov'è dalle 19 in poi...ecco perchè non risponde...che scemo a credere che uscisse con la sua nuova fidanzatina..."guardi quel ragazzo nella cella 99 è di casa".
Infermiera? "dica" posso andare?
"anche no!!"